Queste schede vogliono essere prima di tutto un tentativo semplice e assolutamente migliorabile per aiutare la collaborazione tra chi testimonia vivendo la propria fede anche nei progetti caritativi e chi educa, per esprimere l’atto di generare allo spirito di carità e servizio i giovani, da parte della comunità.
L’aggiornamento e la correzione periodica di queste schede permetterà negli anni di avere un protocollo più preciso, più adatto ai tempi che cambiano, più efficace, più bello da regalare agli animatori e ai ragazzi convinti che l’incontro con i poveri è sempre arricchente.
Fonti spirituali e perché la comunità è chiamata ad educare al servizio
La comunità educa alla carità o viene educata dalla carità?
Vivere la carità in prima persona, entrando nella situazione concreta dell’altro, del povero, manifesta il riconoscimento e la gioia di un Amore più grande ricevuto gratuitamente; diventa un modo di ringraziare nella gioia e un atto della fede professata.
La lettera ai Filippesi (2, 5-11) “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” manifesta come l’agire di Gesù fatto uomo che si svuotò della sua natura divina condividendo la situazione umana e offrendosi in croce concretizza l’amore di Dio per l’uomo rendendolo visibile e vicino. Ed è grazie a questo gesto che gli uomini di ogni tempo hanno la gioia di riconoscere e vivere la chiamata di Dio Padre ad un relazione d’amore eterno.
In questo svuotarsi, Gesù, ha continuato a vivere pur con i limiti della condizione umana, il rapporto con il Padre perchè anche noi fossimo in grado di vivere la stesa dinamica di condivisione come sacramento dell’amore di Dio seguendo il suo esempio.
Proprio per la scelta di nascere povero, vivere povero e stare con i poveri, i poveri sono il luogo dove possiamo trovare maggiormente la presenza del Signore Gesù. Senza volere allora, come tanti di noi possono confermare, tutte le volte che si dona al povero un momento del nostro tempo, un momento della nostra vita scopriamo che loro hanno da donarci tanto, molto di più di quello che noi pensassimo di dare loro.
Una comunità che educa i giovani alla carità di fatto favorisce l’incontro del singolo giovane con la presenza di Gesù nella vita reale e precisamente nella figura dei poveri.
Tutte le volte che questa presenza viene riconosciuta porta il centuplo per il singolo e per la comunità intera.
Da qui allora prende senso l’esperienza di un membro della comunità che ha già sperimentato questa gioia che si fa compagno di viaggio dei giovani e con tanto entusiasmo non vede l’ora di condividere la stessa gioia.
Fonte spirituale e senso specifico dell’azione |
Gesù Cristo. La Eucarestia che celebriamo.
Molti passi biblici richiamano alla condivisione dei beni e all’aiuto materiale al povero.
Caritas Internationalis ha lanciato per il 2014 la campagna Una sola famiglia umana, cibo per tutti contro la fame e contro lo spreco alimentare. Papa Francesco la sostiene e ha detto: «Una sola famiglia umana, cibo per tutti! Lo ricordiamo? Lo ripetiamo insieme? ‘Una sola famiglia umana, cibo per tutti’… Lo scandalo per i milioni di persone che soffrono la fame non deve paralizzarci, ma spingerci ad agire, tutti, singoli, famiglie, comunità, istituzioni, governi, per eliminare questa ingiustizia. Il Vangelo di Gesù ci mostra la strada: fidarsi della provvidenza del Padre e condividere il pane quotidiano senza sprecarlo. Incoraggio la Caritas a portare avanti questo impegno, e invito tutti ad unirsi a questa “onda” di solidarietà».
Senso specifico:
E’ stato senza dubbio ed è ancora uno dei progetti più significativi e riusciti della parrocchia e proprio per questo è importante ripercorrerne il significato.
Prima di tutto la condivisione, il gesto della condivisione: preparare una sportina di alimenti e sapere che la stiamo preparando per i poveri ci fa capire che è possibile fare qualcosa per gli altri;
contrastare lo spreco di beni tipico della nostra società: nei negozi per vendere si devono approntare quantità enormi di alimenti che poi rischiano di essere buttati nella spazzatura se invenduti.
Conoscere tante persone: i volontari con i quali si condivide il turno in un clima di gioia e di fatica anche, i poveri che ci sembrano subito tutti uguali ma dei quali piano piano cominciamo a riconoscere le fisionomie e poi i nomi e a volte un pezzetto della loro storia. Toccare con mano la provvidenza sotto forma di storie che si aprono ad una maggiore integrazione nella parrocchia, bambini accolti all’oratorio e al centro estivo, poveri che diventano volontari e allora porsi la domanda: ma quale differenza c’è fra noi? Poi scoprire che da loro impariamo ad accettare i nostri limiti e alla fine del turno sentire il cuore alleggerito dai pesi della quotidianità.
Il significato che ha per ognuno dei volontari si deve propagare alla parrocchia: la parrocchia non è un ente assistenziale, promuove in ambito caritativo dei segni che non si devono fermare ai luoghi dove si svolgono ma devono servire a sensibilizzare la comunità. La raccolta della prima domenica del mese attraverso il cesto che viene messo all’ingresso della chiesa è un ponte tra la comunità e la dispensa degli alimenti: è un modo per aiutare a raccogliere i beni necessari ma è sopratutto un modo per educare al gesto della condivisione e per darci la consapevolezza che fra noi, vicino a noi vivono persone che in questa fase della loro storia si trovano nel bisogno materiale per i motivi più diversi. Un cesto traboccante di pannolini, latte , pasta è un segno visibile di tutto questo e ogni prima domenica lo mettiamo idealmente davanti all’altare dove si celebra la eucarestia.
E’ un segno per il territorio, compreso anche da chi non frequenta la chiesa. Per questo promuoviamo la raccolta davanti al Conad prima di Natale e per questo dal mese di giugno diffondiamo la raccolta mettendo un invito nelle cassette o consegnandolo ai vicini di casa.
Un territorio accogliente e sensibile favorisce la integrazione e può aiutare a creare reti di sostegno che sono quelle che mancano molto spesso a sostegno di situazioni di vulnerabilità sociale.
Non siamo i soli che fanno distribuzione alimentare; per la parrocchia deve avere un significato pastorale che va oltre il gesto. E’ una porta per conoscere chi ha bisogno e per iniziare un percorso di integrazione il più possibile nella normalità.
Come presentarlo ai ragazzi (animatore + operatore)
Come realizzarlo praticamente: dal punto di vista in che numero minimo/massimo di ragazzi, Accompagnati dagli animatori?
Quante volte in un anno? Sicuramente un numero che lo fa ricordare ma non disprezzare della serie la “solita pizza”.
Feedback da parte dei giovani.
Feedback da parte degli animatori.
Cosa aggiustare.
Rendicontare con foto o interviste a chi ha servito o chi è stato servito per rendere note le esperienze alla comunità anche attraverso il giornalino periodico.
Lasciare a chi lo desidera dei giovani la possibilità di avere maggiori informazioni o/e altre occasioni.