Spero che molte persone abbiano espresso il loro parere sull’articolo di Portoghesi pubblicato sull’Osservatore Romano il 20/1.
Vorrei aggiungere anche il mio, come parrocchiana  che ha vissuto gli anni della  progettazione e della costruzione della nostra chiesa, non come architetto o teologo o liturgista. Non entro perciò

nel merito delle specifiche competenze ma sottolineo che la nostra chiesa bisogna viverla, assaporarla perché davvero per essere pietre vive l’estetica non basta. Si deve essere prima di avere. Anche noi siamo stati guidati e educati a viverla per poterla comprendere, apprezzare e gustare e questo sforzo è stato compiuto anche come cammino comune dalle due comunità.  

La prima cosa che ho pensato leggendo l’articolo  è stata quella di una rivincita che l’architetto Portoghesi ha finalmente ottenuto visto che anch’egli ha partecipato al concorso del progetto-pilota promossi dalla CEI nel 2000 ma che non ha vinto.
Ho sottolineato alcuni passi che credo siano importanti per una comunità. “ l’impressione che si prova, assistendo alla santa messa, è però profondamente deludente”  Penso che forse l’architetto non abbia mai partecipato alle nostre messe,  in particolare a quella delle 11. Lo invito caldamente perché la gioia che si respira e l’attenzione dei partecipanti alla celebrazione è unica.
I celebranti non “vagano” tra due poli, bensì sottolineano l’importanza del momento dell’annuncio della Parola, l’assemblea non si guarda in faccia con intenzioni curiose,  può essere anche un momento particolare nel “Confesso”. Non ci sentiamo costretti nei banchi, anche se sono scomodi, non siamo immobili (magari, soprattutto i bambini e i ragazzi) e non cambiamo la direzione dello sguardo bensì il corpo tutto per partecipare con tutto alla liturgia. La collocazione del bellissimo Crocefisso di Bert non ha fatto venire il torcicollo a nessuno tanta è la luce che emana. Ci spostiamo anche con il corpo non solo con una parte di esso.

una celebrazione


Le campane sono state un dono graditissimo e il sentirle in tutto il nostro territorio, che è molto grande, ci chiama  alla comunione con gli altri; per me non è importante come siano disposte. L’orto degli ulivi  assicuro che non soffrono e il Giordano non ha acqua stagnante perché abbiamo grazie a Dio tante persone che se ne occupano proprio per evitare che tanta bellezza si deteriori. L’aula liturgica ci offre lo spazio per camminare  verso la salvezza, proprio come pellegrini verso la meta desiderata.  Dalla Parola che diventa corpo e sangue di Gesù nell’Eucarestia verso la quale i pellegrini camminano nello spazio dell’aula liturgica.
Infine non si parlato della caratteristica principale di questa chiesa: LA LUCE.   E’ l’elemento dominante, ovunque: in cappella, luogo di raccoglimento e di preghiera personale, è lieve, nell’aula porta le ore del giorno.
Rinnovo l’invito a partecipare alle nostre messe perché mi rammarica che le parole scritte non abbiano prestato sufficiente  attenzione alla sensibilità dei parrocchiani.

 

Loretta